La mente è uno degli strumenti più sofisticati di cui disponiamo, ma non lo prendiamo in considerazione e, con un atteggiamento tipico dei nostri tempi "moderni", facciamo fare alla chimica quel che invece potremmo, almeno in parte, far fare alla mente. La chimica è sempre di più la soluzione di tutto. Si è depressi, si è stanchi, si è sterili, si è magri, si è grassi? C'è sempre una pillola inventata - e messa appunto in vendita - per risolvere il problema. Un bambino è agitato? Non serve andare a capire perché. Il Prozac lo calma sia che all'origine della sua irrequietezza ci siano i genitori divorziati che lo trattano come un pacco postale continuamente rimandato al mittente, sia che la scuola cerchi di far di lui quel che lui non è. Il Prozac viene oggigiorno prodotto in confezioni per l'infanzia e negli Stati Uniti decine di migliaia di bambini dipendono ormai dalla somministrazione quotidiana di questo tranquillante per poter funzionare "normalmente".
Lo stesso avviene col dolore. La sconfitta del dolore è considerata una delle grandi vittorie dell'uomo moderno. Eppure anche questa vittoria non è necessariamente tutta positiva. Innanzitutto il dolore ha una sua importante funzione naturale: quella di allarme. Il dolore segnala che qualcosa non va e in certe situazioni il non avere dolore può essere ancor più penoso dell'averlo. Un orribile aspetto della lebbra è che distrugge i nervi capillari dell'ammalato e quello, non sentendo più alcun dolore, non si accorge quando le sue dita sbattono e si spezzano contro qualcosa o ancora peggio, come avveniva nei lebbrosari dei paesi più poveri, quando le dita gli venivano mangiate dai topi, di notte, mentre dormiva.
E poi: eliminando la sofferenza al suo primo insorgere, l'uomo moderno si nega la possibilità di prendere coscienza del dolore e della straordinaria bellezza del suo contrario: il non-dolore. Perché in tutte le grandi tradizioni religiose il dolore è visto come una cosa naturale, come una parte della vita? C'è forse nel dolore un qualche significato che ci sfugge? che abbiamo dimenticato? Se anche ci fosse, non vogliamo saperne. Siamo condizionati a pensare che il bene deve eliminare il male, che nel mondo deve regnare il positivo, e che l'esistenza non è l'armonia degli opposti.
In questa visione non c'è posto né per la morte, né tanto meno per il dolore. La morte la neghiamo non pensandoci, togliendola dalla nostra quotidianità, relegandola, anche fisicamente, là dove è meno visibile. Col dolore abbiamo fatto anche di meglio: lo abbiamo sconfitto. Abbiamo trovato rimedi per ogni male e abbiamo eliminato dall'esperienza umana anche il più naturale, il più antico dei dolori: quello del parto, sul quale da che mondo è mondo si è fondato l'orgoglio della maternità e l'unicità di quel rapporto forse saldato proprio dalla sofferenza. Ma questa è la nostra civiltà. Ci abituiamo sempre più a risolvere con mezzi esterni i nostri problemi e con ciò perdiamo sempre più i nostri poteri naturali. Ricorriamo alla memoria del computer e perdiamo la nostra. Ingurgitiamo sempre più medicine e con ciò riduciamo la capacità del corpo a produrre le sue.
Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra (One More Ride on the Merry-go-round, 2004)